La banca dati degli affitti brevi è un archivio online che raccoglie tutte le informazioni su strutture e abitazioni offerte ai turisti con la formula dell’affitto breve. Si inserisce nella Banca Dati del Turismo, creata per volontà del Ministero del Turismo di intesa con le Regioni e le Province Autonome. Il suo obiettivo è duplice. Prima di tutto uniformare, rendendoli omogenei, i dati delle strutture ricettive su base nazionale. Secondo contribuire alla prevenzione di pratiche scorrette di evasione fiscale.
Per ogni struttura ricettiva la banca dati contiene queste informazioni:
- tipologia di alloggio;
- ubicazione della struttura;
- capacità ricettiva (persone e/o stanze);
- gli estremi dei titoli abilitativi, richiesti ai fini dello svolgimento dell’attività ricettiva e sufficienti a verificare la conformità urbanistica;
- il soggetto che esercita l’attività, anche in forma di locazione breve;
- il codice identificativo regionale o un codice alfanumerico antievasione, generato dalla banca dati stessa, se la regione di appartenenza non ha ancora adottato il codice.
I criteri di classificazione delle strutture tengono conto dei servizi offerti per l’ospitalità, compresi quelli che riguardano l’accessibilità degli alloggi, il numero dei posti letto e le loro dotazioni, le attrezzature e le strutture accessorie a carattere ricreativo. Vengono inoltre presi in considerazione l’offerta di attività per il benessere della persona e la presenza o meno di aree di sosta e assistenza per autovetture e imbarcazioni.
Le informazioni contenute nella banca dati e il codice alfanumerico attribuito a ciascun operatore del settore ospitalità così identificato, come già accennato, sono pubblicati sul sito istituzionale del Ministero del Turismo ma non sono accessibili a tutti. Solo agli uffici autorizzati.
La banca dati degli affitti brevi si inserisce nella Banca Dati del Turismo pubblicata sul sito del Ministero
Quali sono le strutture extra-alberghiere coinvolte?
Sono obbligati a essere presenti in Banca Dati villaggi turistici, campeggi, aree di sosta, ostelli della gioventù, residenze turistiche o residence, case e appartamenti per vacanza, case per ferie, esercizi di affittacamere, attività agrituristiche con ricettività, attività ricettive di Bed and Breakfast, sia a conduzione familiare sia in forma imprenditoriale.
La regola vale poi per gli alloggi dati in locazione, in tutto o in parte, per finalità̀ turistiche, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), della Legge 431/1998 “Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”.
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Chi fa da controllore?
Tra gli enti e gli attori che accedono alla banca dati delle strutture ci sono anche l’Agenzia delle Entrate e i Comuni. L’Agenzia delle Entrate ha il compito di consultare le informazioni messe a disposizione dalla banca dati e sanzionare gli eventuali trasgressori. Chi sbaglia rischia di pagare fino a 5000 euro di multa, anche per un semplice annuncio non conforme alle regole.
La nuova disciplina prevede un più stretto rapporto di collaborazione tra le amministrazioni nello scambio delle informazioni. Le amministrazioni, cioè, sono ora tenute a collaborare con il Sistema Camerale, con l’obiettivo di tenere sotto controllo la trasmissione e l’aggiornamento corretto dei dati delle strutture. Questo anche mettendosi d’accordo sulle modalità di verifica e scambio delle informazioni che servono agli uni e agli altri.
Il provvedimento ufficiale più recente sulla banca dati degli affitti brevi risale al 29 settembre 2021, quindi è passato quasi un anno. La Banca Dati del Turismo, però, è ancora work in progress. Così come la definizione di tutte le modalità di interazione tra gli uffici che dovrebbero usare la banca.
L’Agenzia delle Entrate ha il compito di consultare i dati presenti in banca dati e sanzionare gli eventuali trasgressori
Cos’è il CIS, il codice identificativo della struttura
A tutte le strutture viene attribuito un codice identificativo antievasione da esporre negli annunci sulle OTA (Online Travel Agency), sul sito web e su volantini e brochure cartacei. Si chiama CIS, codice identificativo della struttura o anche CIR, codice identificativo regionale. Nella maggioranza dei casi infatti sono proprio le Regioni ad attribuirlo. È un codice alfanumerico che identifica sia le strutture ricettive destinate a una locazione di lunga durata sia gli immobili che vengono affittati per pochi giorni o settimane (locazioni brevi).
Questi codici vengono registrati su base nazionale e assegnati dalle regioni, coinvolgendo nel controllo anche i grandi attori del settore come Booking e Airbnb.
Il CIS o CIR è un codice identificativo alfanumerico assegnato dalle regioni o dalla banca dati stessa
Come leggiamo nel Decreto Legge «In base ai commi 4-5 dell’articolo 13-quater del Dl 34/2019 la “banca dati” prevede che le unità destinate ad affitto breve presenti nel territorio nazionale vengano identificate secondo un codice alfanumerico, denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza». Il codice deve essere lo stesso in ogni comunicazione utilizzata per promuovere e far conoscere la struttura ricettiva. Spetta al proprietario, all’agente immobiliare o al portale di annunci online l’onere di verificare l’esattezza del CIS.
Per ottenere il codice la cosa migliore da fare è rivolgersi agli uffici regionali o comunali competenti in materia di turismo. Sappiamo bene che la normativa su case vacanze e affitti brevi è in continua evoluzione… E anche la Banca dati degli affitti brevi non è ancora a regime.
Spetta al proprietario, all’agente immobiliare o al portale di annunci online verificare l’esattezza del CIS
Sanzioni per le strutture che sbagliano
Il codice alfanumerico va esposto in modo visibile ovunque si faccia promozione della struttura. Per chi non rispetta questa regola sono previste sanzioni da 500 a 5000 euro. La sanzione è relativa ad ogni unità immobiliare non correttamente inserita nella banca dati e se l’errore viene reiterato e si incorre nuovamente in una multa l’importo raddoppia.
Dal 1° luglio 2020 gli intermediari che non ottemperano correttamente all’obbligo di esposizione del CIS o che lo espongono in modo errato o ingannevole sono soggetti anch’essi a una sanzione pecuniaria. Anche se non sono i titolari della struttura ricettiva. La sanzione va da 250 a 1.500 euro per ogni attività pubblicizzata, promossa o commercializzata.
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